Faccio colazione in una delle tante boulangerie francesi sparse per Hobart. Fra quattro ore lascio la Tasmania, fra ventisei l'Australia.
Cerco di non farmi prendere dalla nostalgia, non ancora per il momento.
Ho passato un breve fine settimana in questa terra selvaggia e sferzata dal vento, troppo poco per farsi un'idea precisa, anche se qualche timida considerazione credo me la permetterò.
Il sabato mattina é dedicato al mercato di Salamanca, dove dietro bancarelle di ogni dimensione, venditori semi assiderati propongono la loro mercanzia. Tutta obbligatoriamente Made in Tasmania. Un'ottima occasione per comprare qualche regalino e tirar tardi ascoltando qualche orchestrina jazz prima di lasciare Hobart per Richmond, trenta km piú a est.
Richmond ospita la chiesa e il ponte piú antichi d'Australia, che portano orgogliosamente data 1823. Praticamente affondano le loro radici nella notte dei tempi.
A parte gli scherzi, sotto un certo punto di vista é anche vero se si pensa che la Tasmania é stata scoperta dagli Europei solo all'inizio del 1800 e che dei circa 6000 aborigeni che vi hanno trovato, solo una (Truganini) é sopravvissuta fino al 1860, mentre gli altri sono stati massacrati dalla violenza dei conquistatori o dalle malattie importate dall'Europa nel giro di molto meno tempo.
Quindi non stupisce piú di tanto che la Tasmania abbia una storia cosí piccola, cosí corta. Perché quello che accadde dopo é ancora peggiore, se possibile. La Tasmania divenne la prigione degli Inglesi, che spedivano qui i propri criminali per periodi che andavano da 7 anni a per sempre.
I criminali venivano ospitati a Port Arthur, dove vivevano in catene quasi la totalità della loro vita per crimini banali quali il furto o l'aggressione.
Non essendoci molto piú di questo in questo lato del mondo, l'intraprendenza imprenditoriale di questa popolazione si é inventata (o forse meglio, tramanda dalla tradizione) una serie di suggestive storie di spiriti e fantasmi che popolano la zona di Port Arthur e che di tanto in tanto si manifestano in strani luccichii nelle foto di qualche turista poco abile col flash.
La verità é che questa lingua di terra che si spinge a sud ha davvero un'aura misteriosa; complici le nuvole che corrono veloci e il mare nero e tumultuoso, al calare del sole ci si sente davvero in posto spettrale, dove si respira che una parte dei debiti della storia non é ancora stata pagata.
Port Arthur, forse qualcuno se lo ricorderà, è balzata al centro delle cronache mondiali una decina di anni fa, quando un giovane partí da Hobart con una sacca piena di armi semi-automatiche e fece massacro di 35 persone all'ingresso del villaggio, per poi barricarsi all'interno di una guest house con un ostaggio che uccise 18 ore dopo, immediatamente prima di consegnarsi alla polizia.
Martin Bryant, questo il suo nome, sta scontando 35 ergastoli presso l'istituto penitenziario di Hobart e a seguito del suo atto venne modificata la legge sulla detenzione delle armi in Australia. Questo per completezza d'informazione, anche se nessuno da queste parti ne parla volentieri.


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