martedì 31 luglio 2012
Piccolo (e incompleto) dizionario del surf
Prima di intraprendere questo percorso, occorre fare la doverosa premessa che il momento della mia vita in cui ho avuto più contatto col mondo del surf é stata un'estate in cui io e un'altra fuori di testa siamo partite per Biarritz non tanto per fare surf, quanto per trovare surfisti.
Detto questo spero che nessuno se ne abbia a male se mi cimento in questo piccolo dizionario del surf, ispirata come sono dalla spiaggia, dagli hot australian guys e dalle lunghe file di longboards esposte ad ogni angolo della strada.
A come AUSTRALIA. Anche se il surf ha origine in Polinesia, in Australia é arrivato addirittura agli inizi del 1900 e da allora, insieme alle Hawaii, é considerata una delle mete che non possono mancare.
B come BODYSUIT o anche muta per noi profani. Puoi anche essere un mostro dello spazio, ma quando esci dall'acqua con la muta, i capelli bagnati e la tavola sotto braccio sei automaticamente elevato all' iperuranio dei Kelly Slater, Johnny Utah, Dylan McKay.
C come CORAL REEF, sul quale senz'altro torneremo più avanti, ma che per il momento ci basta definire come barriera corallina, che grazie alla sua conformazione contribuisce alla creazione di onde perfette. O anche come Tom CARROL, una specie di mito vivente qui. Due volte campione del mondo agli inizi degli anni '80, é stato il primo surfista milionario australiano.
D come DYLAN MCKAY. Sarò ripetitiva, ma visto che é il MIO dizionario del surf e Dylan é il MIO idolo adolescenziale, alla lettera D c'é lui. Con la sua casacca a righe, la Porsche 356 speedster, la stempiatura e i problemi esistenziali.
E come ENDLESS SUMMER, quella che avrei dovuto trovare qui al posto dei 12 gradi attuali.
F come FERRY MANLY, l'antico traghetto che fa la spola da Sydney a Manly. Alla mattina pieno di gente che va al lavoro, durante il giorno porta da una sponda all'altra surfisti di ogni età che, con tavola sotto braccio e capelli bagnati, rientrano dopo una giornata di mare. Ma F anche come FISH and CHIPS, che sono ovunque, impestano l'aria e dai piú sono definiti naughty but nice.
L come LINE UP, il punto del benessere visivo per chi rimane all'asciutto sulla riva a guardare. É il punto in cui ci si posiziona per attendere le onde.
M come MANLY BEACH, che é dove sono stata oggi. Rilassante e a solo mezz'ora di traghetto da Sydney.
P come POINT BREAK, o punto di rottura o film che visto in adolescenziale ti setterà dei target talmente alti che senza un'attenta revisione ti costringeranno ad una eterna insoddisfazione.
R come RIP CURL, ma potrebbe benissimo anche essere Quicksilver, Billabong, Roxy. Roba da surfisti. Magliette e pantaloncini di tutti i colori in un susseguirsi di negozi che stancano persino una fashion addicted come me, che fa presto ad entrare nella psicologia del posto e sapere che "il pantaloncino di marca non serve a un cazzo, come non serve a un cazzo la tavola di marca".
S come Kelly SLATER, che oltre ad essere stato campione mondiale di surf per 11 volte é anche apparso in 10 episodi di Baywatch nella parte, qualcuno se lo ricorderà (e so esattamente chi), di Jimmy Slade. Un fighissimo senza paragoni. Poi ha perso tutti i capelli. Fine della carriera di attore.
T come THE BEACH BOYS, chi più di loro ha contribuito a formare nell'immaginario collettivo lo stereotipo del surf come base per una vita fatta di sole, divertimento, belle donne e via discorrendo?
U come Johnny UTAH, l'ex quarterback dell'Ohio che si fa "trascinare ai confini, e poi oltre" da Bodhi.
Nella speranza di essere altrettanto trascinata, mi fermo ancora un attimo qui. Non si sa mai chi potrebbe passare...
lunedì 30 luglio 2012
Piccola parentesi sul clima
Quando a casa fanno 35 gradi e ti senti sciogliere anche i capelli, per quanto impegno tu possa metterci non riuscirai mai a farti un'idea di quanti pochi siano 12 gradi e ti sembra che qualunque grado di freddo possa essere affrontato con la tua felpetta di cotone, che ti fa sportivo ed elegante.
In fondo il freddo si sa: é una condizione mentale.
Dovevo avere ben salda in mente questa affermazione quando ho preparato la mia valigia, facendomi così più volentieri trasportare dall'idea generale che tutti abbiamo dell'Australia (sole, mare, surf, birra) senza considerare la realtà dei fatti: fa un freddo cane.
Un freddo che anche indossando sciarpa, due magliette e la felpetta di cui sopra non accenna a diminuire.
Un freddo che ha fatto desistere persino le centinaia di surfisti che oggi avrei dovuto trovare a Bondi Beach, sorta di paradiso in terra da vari punti di vista. Qualche gabbiano semi- assiderato, un gruppo di giapponesi trascinati dal vento, la sabbia che volava ovunque e l'oceano. Impetuoso ed enorme. Pericoloso, temibile e temuto.
Dopo domani ci si sposta ancora più a sud, dove la temperatura promette di scendere ancora.
Nel frattempo mi godo il momento: cioccolata bianca, electric blanket e fuori, la pioggia.
In fondo il freddo si sa: é una condizione mentale.
Dovevo avere ben salda in mente questa affermazione quando ho preparato la mia valigia, facendomi così più volentieri trasportare dall'idea generale che tutti abbiamo dell'Australia (sole, mare, surf, birra) senza considerare la realtà dei fatti: fa un freddo cane.
Un freddo che anche indossando sciarpa, due magliette e la felpetta di cui sopra non accenna a diminuire.
Un freddo che ha fatto desistere persino le centinaia di surfisti che oggi avrei dovuto trovare a Bondi Beach, sorta di paradiso in terra da vari punti di vista. Qualche gabbiano semi- assiderato, un gruppo di giapponesi trascinati dal vento, la sabbia che volava ovunque e l'oceano. Impetuoso ed enorme. Pericoloso, temibile e temuto.
Dopo domani ci si sposta ancora più a sud, dove la temperatura promette di scendere ancora.
Nel frattempo mi godo il momento: cioccolata bianca, electric blanket e fuori, la pioggia.
domenica 29 luglio 2012
Si fa presto a dire "porto naturale"
Credo non ci siano troppi dubbi su cosa sia un porto naturale. Brevemente si può dire che un porto é naturale quando l'insenatura in cui si trova esisteva prima dell'arrivo dell'uomo, che non l'ha modificata (o l'ha modificata solo in piccola parte) per i suoi scopi.
Portofino, solo per fare un esempio, é un porto naturale. Come anche quello di La Spezia. O Taranto.
Da qualche anno affermo con certezza (e fino all'estate scorsa, azzarderei, persino con orgoglio) che il porto di Mahón a Menorca é il più grande porto naturale del mondo, secondo solo a Pearl Harbor. Verità vera o presunta che sia, questo é un fatto che mi é sempre piaciuto molto e che ho deciso di dare per assodato senza troppe indagini.
Chiunque passi da Sydney e si affacci sulla sua baia, Port Jackson, si sentirà dire che si trova davanti al più grande porto naturale del mondo.
Ma allora qualcosa non va. Qualcuno mente. Ma chi?
Inizio un'indagine un po' approssimativa alla ricerca di qualche informazione aggiuntiva. Se cerco "Sydney" trovo ovunque che si tratta del più grande porto eccetera. Se cerco "Mahón" trovo che si tratta del secondo porto dopo Pearl Harbor eccetera. Se disperata cerco "Pearl Harbor" trovo l'elenco di ogni singola nave dell'esercito americano che é stata abbattuta, i nomi dei 2500 soldati morti per i quali tutti siamo molto dispiaciuti e niente di più. Niente.
Nessuno sembra saperlo. O perlomeno nessuno ce lo vuole dire.
La verità é che ha un'importanza relativa. Quando il sole sta calando, le nuvole corrono verso l'oceano e il cielo dell'emisfero australe si colora di arancione, a te davvero non importa sapere in quale porto naturale sei. Se il primo, il secondo, il terzo. Fosse anche l'ultimo, ti basterebbe sapere che sei in questo mondo, che ogni giorno ti commuove e ti sorprende.
A Mahón lasciamo comunque il primato della maionese. Che almeno quello nessuno glielo contesti.
Sydney Opera House da Harbour Bridge
Portofino, solo per fare un esempio, é un porto naturale. Come anche quello di La Spezia. O Taranto.
Da qualche anno affermo con certezza (e fino all'estate scorsa, azzarderei, persino con orgoglio) che il porto di Mahón a Menorca é il più grande porto naturale del mondo, secondo solo a Pearl Harbor. Verità vera o presunta che sia, questo é un fatto che mi é sempre piaciuto molto e che ho deciso di dare per assodato senza troppe indagini.
Chiunque passi da Sydney e si affacci sulla sua baia, Port Jackson, si sentirà dire che si trova davanti al più grande porto naturale del mondo.
Ma allora qualcosa non va. Qualcuno mente. Ma chi?
Inizio un'indagine un po' approssimativa alla ricerca di qualche informazione aggiuntiva. Se cerco "Sydney" trovo ovunque che si tratta del più grande porto eccetera. Se cerco "Mahón" trovo che si tratta del secondo porto dopo Pearl Harbor eccetera. Se disperata cerco "Pearl Harbor" trovo l'elenco di ogni singola nave dell'esercito americano che é stata abbattuta, i nomi dei 2500 soldati morti per i quali tutti siamo molto dispiaciuti e niente di più. Niente.
Nessuno sembra saperlo. O perlomeno nessuno ce lo vuole dire.
La verità é che ha un'importanza relativa. Quando il sole sta calando, le nuvole corrono verso l'oceano e il cielo dell'emisfero australe si colora di arancione, a te davvero non importa sapere in quale porto naturale sei. Se il primo, il secondo, il terzo. Fosse anche l'ultimo, ti basterebbe sapere che sei in questo mondo, che ogni giorno ti commuove e ti sorprende.
A Mahón lasciamo comunque il primato della maionese. Che almeno quello nessuno glielo contesti.
Sydney Opera House da Harbour Bridge
sabato 28 luglio 2012
Aussie BBQ... Con sorpresa
L'orgoglio australiano per il barbecue é noto a tutte le latitudini. Praticamente ogni australiano sarà felice di ospitarti nel suo giardino e spiegarti che il barbecue non é quella cosa che fate in Europa... Mettere solo la carne sulla griglia. Il barbecue australiano é ben altra cosa.
É ricoprire la carne di uno spesso strato di una salsa che non sono padrona di sapere di cosa sia fatta e trasformare una normale coscia di pollo da good a yummy.
Non sono ancora passate dodici ore dal mio arrivo e mi trovo a mangiare un piccolo spiedino scuro e saporito... Mi chiedo cosa sia, ma visto che non mi viene in mente niente che mi possa impressionare mangio tranquilla. A questo punto, con sorriso sornione, mi viene chiesto se so che tipo di carne io penso sia. Agnello? No. Azzardo: pecora? Farneticavo.
You're in Australia, try to think.
Canguro? Una breve immagine di Roo mi attraversa la mente, ma se ne va veloce e la conversazione finisce scandalizzando i presenti dicendo che noi, in Italia, abbiamo mangiato anche i gatti. Come se avessimo smesso l'altro ieri e come se in fondo ci volesse ben altro per sconvolgerci.
Ma un piccolo canguro... Ci penso da ieri, poverino.
Ma poi tutti lo sanno: i canguri sono cattivi. E la carne buonissima.
É ricoprire la carne di uno spesso strato di una salsa che non sono padrona di sapere di cosa sia fatta e trasformare una normale coscia di pollo da good a yummy.
Un po' lo stesso principio del mangiare tedesco: se due cose da sole sono gut, con molta probabilità insieme saranno wunderbar.
Il tutto ovviamente annaffiato da litri di Victoria Beer, che mi dà il primo benvenuto alcolico.
You're in Australia, try to think.
Canguro? Una breve immagine di Roo mi attraversa la mente, ma se ne va veloce e la conversazione finisce scandalizzando i presenti dicendo che noi, in Italia, abbiamo mangiato anche i gatti. Come se avessimo smesso l'altro ieri e come se in fondo ci volesse ben altro per sconvolgerci.
Ma un piccolo canguro... Ci penso da ieri, poverino.
Ma poi tutti lo sanno: i canguri sono cattivi. E la carne buonissima.
giovedì 26 luglio 2012
Aereo. Anzi no: A380.
Chi non ha paura di volare, non ha ancora volato abbastanza. Anche se sai con esattezza tutto quello che succede dal momento in cui la hostess di terra ti strappa la carta d'imbarco, fino al momento in cui scendi non sai ancora abbastanza.
Non serve sapere a memoria cosa significano tutti i dlin dlon che si sentono in volo, puoi anche saper armare uno scivolo, ma quando l'aereo prende velocità e ha 30 secondi per staccarsi da terra non mi raccontare una bugia. Non c'é nessuno che non abbia un po' di paura. Forse anche la hostess seria sul suo strapuntino.
Ero a Philadeplhia. Natale di pochi anni fa. Sulla pista, davanti a noi in mezzo alla neve: un Tupolev. KLM cargo. Il più grande aereo merci del mondo. Ci sta anche una 5000, sul Tupolev.
Stanotte invece, fra circa 35 minuti, salgo sull'aereo passeggeri più grande del mondo. L'airbus A380. Capacità oltre 500 passeggeri, lungo 73 metri e con un'apertura alare di quasi 80. In 07 ore e 45 minuti dovrebbe portarmi a Sydney. La tratta Singapore-Sydney é stata fra l'altro quella con la quale questo modello di Airbus é stato inaugurato, il 25 Ottobre 2007.
Domani finalmente saró a Oz.
Stay tuned.
Non serve sapere a memoria cosa significano tutti i dlin dlon che si sentono in volo, puoi anche saper armare uno scivolo, ma quando l'aereo prende velocità e ha 30 secondi per staccarsi da terra non mi raccontare una bugia. Non c'é nessuno che non abbia un po' di paura. Forse anche la hostess seria sul suo strapuntino.
Ero a Philadeplhia. Natale di pochi anni fa. Sulla pista, davanti a noi in mezzo alla neve: un Tupolev. KLM cargo. Il più grande aereo merci del mondo. Ci sta anche una 5000, sul Tupolev.
Stanotte invece, fra circa 35 minuti, salgo sull'aereo passeggeri più grande del mondo. L'airbus A380. Capacità oltre 500 passeggeri, lungo 73 metri e con un'apertura alare di quasi 80. In 07 ore e 45 minuti dovrebbe portarmi a Sydney. La tratta Singapore-Sydney é stata fra l'altro quella con la quale questo modello di Airbus é stato inaugurato, il 25 Ottobre 2007.
Domani finalmente saró a Oz.
Stay tuned.
Non solo Singapore Sling
Piccola parentesi sul Singapore Sling, che mai avrei bevuto in altre circostanze. E di sicuro non per la modica cifra di 25 SGD, più o meno 20 euro.
È vero: l'ho bevuto nell'hotel più antico di Singapore, proprio dove il barman Ngiam Tong Boon l'ha inventato, ma alla fine sembra sciroppo per la tosse. É dolce, poco alcolico, un po' schiumoso. Così di malessere che dopo ci é voluto un birrino per ripigliarsi.
Birra. Non ho capito per quale strana ragione, ma in questa città da 5 milioni di abitanti c'é pieno di birra tedesca. E di piccoli birrifici a cui dovrò dedicare maggiore attenzione al mio ritorno.
Rimanendo in tema culinario, oggi a mezzogiorno, presa dall'euforia, ho mangiato un Singapore Laksa.
Lascio Singapore fra qualche ora, senza grandi soddisfazioni culinarie.
È vero: l'ho bevuto nell'hotel più antico di Singapore, proprio dove il barman Ngiam Tong Boon l'ha inventato, ma alla fine sembra sciroppo per la tosse. É dolce, poco alcolico, un po' schiumoso. Così di malessere che dopo ci é voluto un birrino per ripigliarsi.
Birra. Non ho capito per quale strana ragione, ma in questa città da 5 milioni di abitanti c'é pieno di birra tedesca. E di piccoli birrifici a cui dovrò dedicare maggiore attenzione al mio ritorno.
Rimanendo in tema culinario, oggi a mezzogiorno, presa dall'euforia, ho mangiato un Singapore Laksa.
Lascio Singapore fra qualche ora, senza grandi soddisfazioni culinarie.
mercoledì 25 luglio 2012
Singapore, giungla ammaestrata
Il caldo. Il caldo é la cosa che per il momento risulta essere più evidente. Un caldo bagnato, che ti confonde, ti immobilizza, ti instupidisce. Un caldo contro il quale nessuna aria condizionata puó confrontarsi. Ti aspetta là fuori, non importa che ora sia.
Ho un albergo nei dintorni di Orchard Rd., che leggendo da casa sembrava essere the place to be, mentre invece non é niente. Lunghe file di negozi d'alta moda italiana si affacciano su una via puzzolente e trafficata. Donne asiatiche elegantissime entrano ed escono con disinvoltura da negozi che sono veri e propri capolavori, con pareti colorate in vetro soffiato, luci e fiori. Anche le americane comprano come indemoniate, ma la loro immagine mi rovina il quadretto.
I centri commerciali uno dopo l'altro inondano di aria condizionata la strada, che davanti a quelle vetrine sembra quasi avere un che di primaverile.
Fiori. Fiori ovunque e non ho ancora visto i Botanic Gardens. Alberi altissimi, palme, banani, scoiattoli, muschi. La città lucida e di luce, che in ogni angolo ci ricorda quanto sia bello vivere a Singapore (Love Singapore, our home) sembra come costretta dentro queste architetture perfette. Alberi e piante, con la forza dell'umidità, cercano ovunque di conquistare un po' di spazio, di uscire dal perfetto carré 1 m x 1 m che é stato loro assegnato.
A Singapore restano ancora qualcosa come 72 ore di tempo per convincermi a non relegarla fra quelle città che "sono contenta di aver visto, ma non ci tornerei".
Raffles Hotel, 1 Beach Rd. Singapore
Ho un albergo nei dintorni di Orchard Rd., che leggendo da casa sembrava essere the place to be, mentre invece non é niente. Lunghe file di negozi d'alta moda italiana si affacciano su una via puzzolente e trafficata. Donne asiatiche elegantissime entrano ed escono con disinvoltura da negozi che sono veri e propri capolavori, con pareti colorate in vetro soffiato, luci e fiori. Anche le americane comprano come indemoniate, ma la loro immagine mi rovina il quadretto.
I centri commerciali uno dopo l'altro inondano di aria condizionata la strada, che davanti a quelle vetrine sembra quasi avere un che di primaverile.
Fiori. Fiori ovunque e non ho ancora visto i Botanic Gardens. Alberi altissimi, palme, banani, scoiattoli, muschi. La città lucida e di luce, che in ogni angolo ci ricorda quanto sia bello vivere a Singapore (Love Singapore, our home) sembra come costretta dentro queste architetture perfette. Alberi e piante, con la forza dell'umidità, cercano ovunque di conquistare un po' di spazio, di uscire dal perfetto carré 1 m x 1 m che é stato loro assegnato.
A Singapore restano ancora qualcosa come 72 ore di tempo per convincermi a non relegarla fra quelle città che "sono contenta di aver visto, ma non ci tornerei".
Raffles Hotel, 1 Beach Rd. Singapore
martedì 24 luglio 2012
Da qualche parte sopra al Mar Nero
Per una serie di rapidi eventi e per la mia poca dimestichezza con la versione mobile di Blogger, questo post sarà pubblicato immediatamente dopo quello del pre-partenza... Me ne dispiaccio, perché nella pianificazione questo é già un piccolo imprevisto.
Siedo di fianco a due catalani in viaggio di nozze. A volte la vita ha un sottile umorismo. Fede luccicante, baci e carezze. Io e Suri invece siamo sotto al nostro pannetto, con calzine comfy e grande benessere. Abbiamo attraversato una leggera turbolenza sopra l'Albania. Ma come dolce ci hanno dato un mini cucciolone e tutto va bene.
Immigration hall Changi Airport Singapore
Siedo di fianco a due catalani in viaggio di nozze. A volte la vita ha un sottile umorismo. Fede luccicante, baci e carezze. Io e Suri invece siamo sotto al nostro pannetto, con calzine comfy e grande benessere. Abbiamo attraversato una leggera turbolenza sopra l'Albania. Ma come dolce ci hanno dato un mini cucciolone e tutto va bene.
Voliamo su un Boeing 777-300ER. Ad una velocità al suolo di 995 km/h e la notte ci sta venendo incontro. Siamo a 8423 km da Singapore, ad un'altitudine di 10057 m slm, vento in coda a 70 km/h. Pavarotti in filodiffusione. Time to destination: 9 ore e 6 minuti.
Immigration hall Changi Airport Singapore
Parti con un sorriso.
Gate B10. Imbarco fra cinque minuti. Forse anche meno.
Posto 46G, per completezza di informazione.
I miei vari tentativi per ottenere un upgrade in business hanno visto, fra le altre cose, la creazione di un'utilissima tessera frequent flyer di Singapore Airlines (che ho dimenticato a casa), presentarsi al check in con due ore di anticipo ed estrarre con disinvoltura la tessera Miles&More di Lufthansa (immer besser mit Lufthansa) come suggerito dal massimo esperto in fatto di upgrades. Non é servito a niente. Peró ho potuto imbarcare il bagaglio dalla corsia blu dei fighissimi. Son soddisfazioni.
Visto che sapevo che non avrei ottenuto nessun upgrade ho cercato di crearmi un debito di sonno. Con una veglia notturna a base di Nat Geo Wild. E altre cose.
Fra 12 ore sarò a Singapore. Di fatto creando un buco temporale, dove la notte di oggi 24 luglio non esisterà e sarà subito domani. Incredibile la questione dei fusi orari. Dopo una specie di notte simulata arriveró in Estremo Oriente. Per la prima volta dal 2002, quando andai in Cina.
Sempre nel 2002, dall'aeroporto di Bologna partivo per la prima vera grande avventura da sola. Volo per Norimberga. La storia é piena di narrazioni più o meno vere riguardo questo periodo, ma quello che non é mai stato detto é che ero da sola all'imbarco come oggi. In un momento dove sapevo che la mia vita da quel momento in poi sarebbe stata diversa.
Lo steward mi guardó, mi sorrise e mi disse: "É una bella giornata. Bisogna sempre partire con il sorriso!"
Posto 46G, per completezza di informazione.
I miei vari tentativi per ottenere un upgrade in business hanno visto, fra le altre cose, la creazione di un'utilissima tessera frequent flyer di Singapore Airlines (che ho dimenticato a casa), presentarsi al check in con due ore di anticipo ed estrarre con disinvoltura la tessera Miles&More di Lufthansa (immer besser mit Lufthansa) come suggerito dal massimo esperto in fatto di upgrades. Non é servito a niente. Peró ho potuto imbarcare il bagaglio dalla corsia blu dei fighissimi. Son soddisfazioni.
Visto che sapevo che non avrei ottenuto nessun upgrade ho cercato di crearmi un debito di sonno. Con una veglia notturna a base di Nat Geo Wild. E altre cose.
Fra 12 ore sarò a Singapore. Di fatto creando un buco temporale, dove la notte di oggi 24 luglio non esisterà e sarà subito domani. Incredibile la questione dei fusi orari. Dopo una specie di notte simulata arriveró in Estremo Oriente. Per la prima volta dal 2002, quando andai in Cina.
Sempre nel 2002, dall'aeroporto di Bologna partivo per la prima vera grande avventura da sola. Volo per Norimberga. La storia é piena di narrazioni più o meno vere riguardo questo periodo, ma quello che non é mai stato detto é che ero da sola all'imbarco come oggi. In un momento dove sapevo che la mia vita da quel momento in poi sarebbe stata diversa.
Lo steward mi guardó, mi sorrise e mi disse: "É una bella giornata. Bisogna sempre partire con il sorriso!"
lunedì 23 luglio 2012
29 giorni. 100 canzoni.
"La canzone può aprirti il cuore
con la ragione o col sentimento
fatta di pane, vino, sudore
lunga una vita, lungo un momento."
Notte prima della partenza.
Tutto sembra essere pronto. Un itinerario ben impresso in mente, circa 20 kg di vestiti e 100 canzoni. Non cento canzoni scelte a caso. Una colonna sonora in qualche modo imposta, richiesta.
75 canzoni per 29 giorni, da quattro persone importanti. E la mia, che forse è un riassunto di tutti voi, che in modi diversi mi avete accompagnato in questi lunghi mesi d'inverno.
Playlist 1
Material Girl - Madonna
Volo - Stiron River
Sleeping in my car - Roxette
You've got a friend in me - Toy Story
Good enough - Cindy Lauper
Hair - Lady Gaga
The origin of love - Stephen Trask
Alghero - Giuni Russo
Ragazzo dell'Europa - Gianna Nannini
I will survive - Ferruccio Spinetti & Petra Magoni
Besame Giuda - Carmen Consoli
L'estate sta finendo - Gennaro Cosmo Parlato
Absolutely fabulous - Queentastic
Mets ton doigt dans ton cul - Placebo
Ti sento - Antonella Ruggiero & Timoria
Playlist 2
Rimmel - Francesco De Gregori
Vorrei - Lunapop
All at once - Jack Johnson
Private eye - Alkaline Trio
Ho ancora la forza - Francesco Guccini
Soldadito Marinero - Fito y Fitipaldis
Radio - Alkaline Trio
I wish I never met you - Sam Sparro
Fango - Jovanotti
Il giorno di dolore che uno ha - Ligabue
Every breath you take - The Police
Ho messo via - Ligabue
Adrift - Jack Johnson
Somewhere only we know - Keane
Playlist 3
Like a virgin - Madonna
Goccia a goccia - Litfiba
Billy Jean - Michael Jackson
Mad world - Gary Jules
Servi della gleba - Elio e le storie Tese
Qualcosa di grande - Lunapop
American Pie - Madonna
Club Tropicana - Wham!
Così celeste - Zucchero
Bad - Micheal Jackson
Starz in their eyes - Just Jack
Losing my religion - REM
Buongiorno a te - Luciano Pavarotti
Wonderful world - Louis Armstrong
Somebody that I used to know - Walk off the earth
Playlist 4
Hurricane - Bob Dylan
Free bird - Lynyrd Skynyrd
Corazon espinado - Santana
Cyrano - Francesco Guccini
Lugano - Ivan Graziani
One - Johnny Cash
Still got the blues - Gary Moore
Sympathy for the devil - Rolling Stones
Pissing in a river - Patti Smith
Bufalo Bill - Francesco De Gregori
Agapito Malteni il ferroviere - Rino Gaetano
Johnny lo zingaro - Massimo Bubola
La semi-automatica - Mercanti di Liquore
Via della povertà - Fabrizio de André
Eurialo e Niso - Gang
Playlist 4
Bella - Jovanotti
Have you ever seen the rain? - Creedence Clearwater Revival
Born to run - Bruce Springsteem
America - Simon & Garfunkel
Blowin' in the wind - Joan Baez
Liberomondo - SoFresh
Quello che non ho - Francesco Guccini
Fango - Ricky Gianco
E un giorno... - Francesco Guccini
Fotoricordo - Gemelli Diversi
Talkin' about revolution - Tracy Chapman
Anima fragile - Vasco Rossi
Buonanotte ai viaggiatori - Gang
It takes a fool to remain sane - The Ark
Ma che film la vita - Nomadi
E la colonna sonora di Priscilla, che senza neanche immaginarlo ha dato l'inizio a questa avventura.
A Londra. Alla fine di Agosto di un anno fa.
Quando ancora tutto appariva perfetto.
Queste cento canzoni. Per il momento non mi serve altro.
Io vado.
CP.
venerdì 20 luglio 2012
Luggage is like a poem. It’s what inside that counts.
Era luglio 1999 la prima volta che ho letto questa frase. Era sull’etichetta bagaglio di SAS e io stavo partendo per uno dei primi viaggi in aereo low-cost, nel nord dell’Europa.
Mi è capitato di usarla di nuovo tre anni dopo. In una fredda notte di Dicembre ad Erlangen, regalando una valigia ad una persona importante.
Oggi inizia una nuova avventura. La sacca è sempre lì, dove è stata in questi ultimi anni: nell’angolo della stanza. Che aspetta di partire, di farsi i quasi 16.000 km che dividono l’Italia dall’Australia e lanciarsi a testa in giù nel viaggio più straordinario della mia vita.
Un viaggio di 29 giorni, più di 8000 km , fra aerei, barche, treni, autobus e corda doppia.
Per tornare a casa con nuova vita.
Non ho mai scritto un blog e non ho idea se riuscirò ad appassionare qualcuno di voi con i miei racconti. Non ho nessuna presunzione, tranne che trovo la cosa divertente. Sono felice di partire e mi piace l’idea di condividere con più persone possibile un’esperienza di questo tipo.
Manca poco.
Manca solo fare un salto a Cala Sinzias, salutare Brenno, la Lillotta e Artie. Poi si può andare…
CP.
CP.
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